Il mondo di Jaeger-LeCoultre

Visitare la fabbrica Jager-LeCoultre di Le Sentier, da cui escono icone come il Reverso o la pendoletta Atmos, equivale a una full immersion in tutti gli aspetti della produzione di un orologio di alta qualità. Dal movimento alla cassa, dalle decorazioni alle complicazioni, qui tutto è in-house. E per una giornata, i soci del Club hanno potuto vedere il dietro le quinte di una tra le più prestigiose manifatture svizzere, solitamente inaccessibile al pubblico, e hanno immediatamente colto i tratti distintivi del marchio. Secondo Andrea Corteggi: “Jaeger-LeCoultre è la manifattura per eccellenza, una delle poche ad avere montato i propri calibri sin dall’inizio. E ora che avere un movimento di manifattura nel proprio segnatempo ha grande importanza, definirei in poche parole Jaeger-LeCoultre come manifattura da sempre”. Massimo Monaco è stato colpito “dall’organizzazione della struttura e dall’unicità del marchio”. La zona dell’edificio al centro del complesso industriale, che originariamente era destinata a laboratori e uffici, è stata trasformata in un sofisticato ambiente in cui progetti originali, orologi completi, documenti contabili e corrispondenza coi clienti finali, materiale promozionale, strumenti di lavoro, componenti e, in generale, tutto ciò che in passato faceva parte del ciclo produttivo, è esposto come in una mostra d’arte, ma, allo stesso tempo, è materiale vivo che spesso e volentieri viene consultato o addirittura utilizzato (come nel caso di certi componenti), per la produzione attuale o per i numerosi esemplari che ogni anno vengono spediti in fabbrica per un restauro. Tra le meraviglie conservate nell’archivio spicca un sottilissimo modello da tasca degli anni ’30, che dimostra il livello di eccellenza raggiunto da Jaeger-LeCoultre nel campo degli ultrapiatti, molto prima che diventassero un fenomeno di moda. O, ancora, la serie di orologi gioiello equipaggiati col calibro 101, il movimento meccanico più piccolo del mondo, tuttora nel Guinness dei primati. Quando, il 2 giugno 1953, Elisabetta II d’Inghilterra attraversò la navata di Westminster per la cerimonia di incoronazione, indossava un bracciale di diamanti al polso sinistro, che in realtà era un pezzo unico firmato Jaeger-LeCoultre, al cui interno batteva proprio un calibro 101. A colpire tutti i soci, come chiunque varchi per la prima volta la sua soglia, sono le dimensioni dell’azienda. Antonio Follari: “sono stato colpito dall’imponenza della manifattura, che pensavo decisamente più piccola, e dal numero di addetti diretti”. Con 1.200 dipendenti e una sede che si è sviluppata attorno al nucleo centrale di cinque piani, si tratta di una struttura decisamente imponente, ma in ogni caso rispettosa del paesaggio in cui è inserita, sulle rive del lago di Joux. Al suo interno, gli ambienti di lavoro sono spesso dominati dai colori caldi del legno naturale, in molti casi antico, utilizzato per i pavimenti e per le postazioni dei tecnici. L’opinione di Guglielmo Statelli è che: “Dalla visita risulta evidente che per Jaeger-LeCoultre, tradizione e ricerca tecnologica sono strettamente legate”. Fabio Bianchi è dello stesso avviso: “Il marchio è storico, affidabile, ben ancorato alle proprie radici, ma nello stesso tempo proteso verso il futuro”. Nell’atelier nascono anche tutte le decorazioni in smalto che i clienti possono richiedere per personalizzare il loro orologio. L’unico limite è la fantasia (e la legge: le richieste di simboli politici oppure religiosi, di norma vengono respinte), così può capitare di trovarsi davanti a un quadro famoso, riprodotto in ogni suo particolare sul retro di un Reverso da 40×24 mm. Ma la difficoltà della lavorazione dello smalto non è rappresentata solo dalle dimensioni ridotte delle superfici da decorare. I custodi di quest’arte antichissima devono anche essere in grado di prevedere precisamente la tonalità che i colori assumeranno dopo i vari passaggi in forno, lavorando in pratica alla cieca, poiché quando sono allo stato liquido, gli smalti possono avere colori molto diversi da quelli che assumeranno dopo la cottura in forno, necessaria per farli solidificare. Tra gli specialisti dell’atelier ci sono anche gli addetti alla scheletratura dei componenti dei modelli più ricercati. È un’operazione che riguarda ponti, platine e supporti del movimento, ma anch’essa viene svolta nell’atelier, perché si tratta, a tutti gli effetti, di una lavorazione artistica, finalizzata esclusivamente a esaltare l’estetica dell’orologio. Se l’atelier Métiers d’Art rappresenta il top dal punto di vista artistico e creativo, l’atelier Grandi Complicazioni è il luogo in cui nascono i modelli top di gamma del brand. Qui lavorano 38 tecnici altamente specializzati, che danno vita a piccoli capolavori come, per esempio, il Duomètre Chronographe, in cui, grazie al sistema Dual Wing, un solo organo regolatore gestisce le funzioni di indicazione del tempo e delle frazioni cronografiche, alimentate da due bariletti separati. Oppure il Duomètre Sphérotourbillon che spinge ancora più in alto l’asticella delle prestazioni, con un tourbillon che ruota su due assi, annullando quasi del tutto gli effetti della gravità. Dalla manifattura di Le Sentier escono anche le pendole Atmos, un unicum nel panorama dell’orologeria che da decenni può vantare un numero sempre crescente di appassionati. Ben prima che venissero inventati i movimenti al quarzo, o altre forme di alimentazione come la luce solare, Jaeger-LeCoultre aveva scoperto una fonte di energia potenzialmente inesauribile e totalmente ecologica, che non aveva bisogno dell’intervento dell’uomo. “Completare un movimento e vederlo funzionare è una bellissima emozione” (Fabio Bianchi). “La visita dell’atelier Métiers d’Art e la master class sul calibro 770, per me che amo l’arte e la meccanica, sono state esperienze indimenticabili” (Andrea Corteggi). E, innegabilmente, per degli appassionati alla prima esperienza pratica, il momento in cui il bilanciere riprende a oscillare è una bella emozione.  Le visite organizzate da L’Orologio Club hanno lo scopo di svelare ai soci tutto il lavoro e l’organizzazione che c’è dietro alle grandi manifatture e, a giudicare dai feedback, l’obiettivo è stato raggiunto. “Ho sempre stimato il brand, ora ancora di più”, Antonio Follari. “L’ottima opinione che già avevo è stata rafforzata. JLC è sinonimo di assoluta qualità”, Fabio Bianchi. “Ho avuto la conferma del meraviglioso concetto di manifattura”, Guglielmo Statelli. Se c’è una morale che si può trarre dalla conoscenza diretta di una realtà come Jaeger-LeCoultre, è che i risultati migliori scaturiscono solo dal perfetto equilibrio tra due elementi che, da soli, non danno frutti duraturi: l’instancabile ricerca dell’eccellenza in campo tecnico, gestita direttamente da uomini dotati di profondo amore per il loro lavoro, talento ed esperienza e l’immagine di una postazione di lavoro dell’atelier Métiers d’Art, con un microscopio elettronico poggiato su un banco in legno del 1800, riassume meglio di mille parole l’essenza, passata e futura del settore.

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