Baselworld 2020: cosa succede?

All’annuncio di Bulgari che decide di ritirarsi da Baselworld, segue nel giro di poco la risposta della fiera. E, soprattutto, del Presidente della Divisione Orologi del Gruppo Lvmh, Stéphane Bianchi: “La Divisione Orologi del Gruppo Lvmh, con TAG Heuer, Hublot e Zenith, resta fedele a Baselworld nel 2020. Crediamo nell’importanza di un evento di rilievo per l’industria orologiera svizzera e ci aspettiamo una fiera dai risultati positivi, sia in termini di immagine che di vendite, per le nostre tre Case”.

Un “evento di rilievo”, appunto. Un momento di incontro per tutto il settore e di visibilità globale. Il secondo è il punto più importante su cui riflettere, come abbiamo già scritto in passato. Una manifestazione internazionale di riferimento pone l’intera industria, per alcuni giorni, al centro dell’attenzione del mondo. Un’occasione che non può andare persa nella frammentazione in mille eventi regionali, seguendo logiche commerciali, non sempre di comunicazione. Business e comunicazione dovrebbero invece tornare a dialogare, in un unico appuntamento annuale che faccia puntare tutti i riflettori sul settore. È quello che si sperava accadesse con la riunificazione delle date di Sihh (oggi Watches & Wonders) e Baselworld, ma la scelta di organizzare le due fiere in tarda primavera è stata infelice a questo scopo.

Le richieste di Bulgari restano quelle di poter esporre in una manifestazione a gennaio e di una revisione dei costi. Al momento, dalle fiere non giungono ancora notizie sulle date. Riguardo ai costi, invece, si intende qualcosa nelle parole di Michel Loris-Melikoff, Managing Director di Baselworld: “Siamo profondamente dispiaciuti per la decisione di Bulgari di non partecipare alla prossima edizione di Baselworld. Continuiamo a lavorare a fianco della Divisione Orologi del Gruppo Lvmh e delle marche TAG Heuer, Hublot e Zenith. Lavoriamo insieme a Stéphane Bianchi e il suo team per offrire la migliore piattaforma d’affari alle marche del Gruppo, con un controllo pragmatico dei costi”.

Nell’attuale confusione, che Jean-Christophe Babin nell’intervista in uscita su L’Orologio definisce un vero e proprio “caos”, si inserisce l’epidemia di Coronavirus. Un elemento non prevedibile e non gestibile. Si può solo attendere e, poi, valutare i danni.

Bernard Arnault, proprietario del Gruppo Lvmh, ha recentemente affermato che se le conseguenze dell’epidemia si facessero sentire fino a marzo “non sarebbe terribile. Se durassero due anni, sarebbe un’altra storia”. Oggi, quasi a metà febbraio, non è ancora possibile fare ipotesi. Ma solo inutili confronti con la Sars, epidemia che durò da fine 2002 a luglio 2003. È quindi comprensibile che ogni azienda del lusso faccia i propri conti e prenda decisioni di conseguenza.

Bulgari si dà tempo fino alla fine di giugno – confidando che per allora sia chiarita la questione delle date – per decidere se continuare a esporre in una manifestazione fieristica dal 2021 in poi. Anche Breitling lo scorso anno, annunciando la sua fuoriuscita dal salone di Basilea, lasciava una porta aperta all’eventualità di tornare in fiera nel 2021. Swatch Group per il 2020 ha rinunciato al suo Time to Move, sempre a causa dell’epidemia, ma non è dato conoscere le intenzioni del Gruppo per il 2021.

Tanto c’è ancora da scrivere sul futuro delle fiere, se manifestazioni giovani come la Dubai Watch Week a novembre (alla quarta edizione) o il Siar di Città del Messico a ottobre (tredicesima edizione), stanno riscuotendo un successo sempre crescente. Appare prematuro annunciarne la fine, come inspiegabilmente piace fare ad alcuni.

Sarebbe invece augurabile che nel 2021 tutti gli attori del mercato trovassero finalmente la formula per far vivere e convivere Baselworld e Watches & Wonders. Soprattutto, ricordandosi che l’orologeria nasce in Europa. Ed è qui che deve mantenere le sue radici per continuare a crescere e avere successo.

it_IT