Revisionare sì, revisionare no…

Mantenere un orologio in perfette condizioni per anni, o addirittura decenni, dopo l’acquisto, potrebbe essere cosa semplice, se si seguissero e rispettassero i consigli dati dalla Casa madre attraverso i preziosi manuali di istruzione e manutenzione, e ribaditi a conclusione della vendita dal concessionario. Ma questo semplice “precetto” purtroppo viene spesso disatteso, per motivi legati alla superficialità delle persone, alla scarsa fiducia per tutto ciò che sia ufficiale, alla passione per il motto “concessionario = macchina mangiasoldi” o per la convinzione che un orologiaio valga l’altro. Le conseguenze sono scontate: manomissioni, guarnizioni riutilizzate, parti meccaniche lucidate fino a consumarle, viti distrutte, il tutto fino allo sfinimento del movimento e al relativo collasso e conseguente salasso ben giustificato presso un centro di assistenza ufficiale. Dall’altra parte rispetto ai superficiali, ai poco attenti alle manutenzioni, ci sono poi i “troppo attenti”, gli esagerati, ossia coloro che stressano i loro orologi sottoponendoli a cure eccessive (ricordate i già citati lucidatori fai da te), ad esempio portandoli ogni tre o sei mesi per un test di controllo della precisione o dell’impermeabilità. A questi, puntualmente consigliamo di stare tranquilli e di riportarci l’orologio un po’ più avanti nel tempo. Un capitolo a parte dovrebbe essere scritto sui possessori di orologi diventati famosi e ben quotati negli ultimi anni: persone che hanno fatto rilevanti investimenti per modelli “ribattezzati” nei nomi da esperti commercianti, che abilmente hanno creato “fenomeni” spesso ignorati dalla stessa Casa madre, attenta al presente e al futuro, ma che considera la storia passata come un bel romanzo e non come un trattato economico. Questi ultimi, qualora si presenti un problema all’amato, prezioso o raro orologio (quanto siano effettivamente rari dovrebbe essere verificato e certificato) entrano in fibrillazione, rasentando crisi di panico e ponendosi la domanda: e ora a chi lo porto? Ovvero chi sarà in grado di rispettare ogni singolo dettaglio per mantenere intatta la sua integra originalità? In questi casi si dubita di tutti, persino del concessionario ufficiale e di aziende presenti da decenni sul mercato, e nel momento in cui arrivano a convincersi di affidarlo a qualcuno si raccomandano di fare o non fare questo o quello, di non sostituire vetri, corone, inserti di ghiere, fibbie o altro. Se questi componenti sono in condizioni al limite della funzionalità e di garanzia dell’effettiva durata dell’orologio stesso, poco importa. Spesso accade che davanti agli innumerevoli “paletti” posti dal cliente, il centro assistenza si vedrà costretto a rifiutare il lavoro, in quanto per le direttive ben precise, dettate dalla Casa madre, la manutenzione così come desiderata dal cliente non può essere eseguita. Giorni fa un cliente, una volta convintosi di essere nel posto giusto dove lasciare in manutenzione un orologio del tipo sopra citato, ha posto come condizione che fossero usati dei ricambi che lui stesso avrebbe fornito al laboratorio: come domandare a un cuoco di fama mondiale di cucinare con gli ingredienti che ci siamo portati da casa! Concludo quindi con un modesto consiglio: una volta entrati in possesso di un orologio “particolare e raro”, nonché datato, cercate di vivere con maggiore rilassatezza il fatto di averlo conquistato, usatelo con le dovute cautele (le parti di ricambio originali per alcuni modelli sono già contingentate, rare o esaurite) e non esitate ad affidarlo a chi ha fatto dell’orologeria la propria storia e la propria vita. Sapranno bene come trattarlo.

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