Diamo i numeri?

Fanno parlare e appassionano la community i dati di un report firmato Morgan Stanley sul mercato dell’orologeria nel 2020.

Numeri che portano all’attenzione le prevedibili perdite di fatturato di tutti i produttori, e che confermerebbero la buona tenuta di quelli che sono i maggiori player, con Rolex in testa. Sebbene anche il gigante dell’orologeria abbia accusato le conseguenze della crisi pandemica, la Casa coronata si mantiene in testa alla classifica dei più grandi nomi dell’industria orologiera svizzera, con stime di fatturato e di unità vendute che fanno calcolare a Morgan Stanley un market share addirittura del 24,9%, contro il 22% del 2019 e l’8,8% del secondo arrivato.

Non si tratta di dati ufficiali, né confermati, poiché non tutte le aziende, e soprattutto Rolex, sono tenute alla divulgazione delle cifre di fatturato e, men che meno, di quelle che concernono le vendite al dettaglio. Ma danno da pensare.

Dalle stime della banca d’affari, a parità – quando non a un leggero incremento – dei pezzi venduti, sembra calare il prezzo medio di ogni orologio. Un dato che va interpretato come positivo, a mio avviso: un segno che l’interesse per il prodotto permane, anche se le condizioni economiche fanno orientare il pubblico verso una fascia di prezzo più bassar ispetto al 2019, fino al 30% in meno. Non poco.

L’industria si impoverisce, quindi, e se attraversa il 2020 senza crollare (il secondo trimestre del 2020 aveva registrato addirittura il -61,6%), porta a casa un calo delle esportazioni dalla Svizzera del 21,8%, come si legge nel comunicato ufficiale (questo sì) della Federazione Orologiera pubblicato il 28 gennaio 2021. Perdita recuperata grazie all’incredibile ripresa del mercato cinese, che registra un +50,1% nella seconda metà dell’anno.

Singolare come il calo di esportazioni sia analogo a quello del 2009, quando la crisi finanziaria mise in ginocchio più di un’economia nazionale. Inevitabile, invece, constatare che nelle stime del report di Morgan Stanley registrino performance “positive” gli stessi nomi che hanno continuato a crescere nel settore dl collezionismo, soprattutto nelle vetrine delle aste.

Stupisce un po’, quindi, il clamore attorno a una valutazione che poco si discosta da quello che tutti potevamo immaginare da soli, senza dare i numeri: in un momento di crisi, guadagnano quote di mercato le marche in grado di trasmettere maggiore sicurezza, mantenendo al vertice quei nomi che le posizioni più alte le hanno conquistate con la costante qualità dei prodotti e un marketing da sempre non avventato: Rolex, Omega, Cartier e Patek Philippe. Ça va sans dire.

Dody Giussani 

 

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