Sapete che esiste un database online di orologi rubati? È The Watch Register, estensione dell’Art Loss Register fondato dai Lloyd’s di Londra, Christie’s e Sotheby’s nel 1990. Il registro, attivo dal 2017, contiene ad oggi segnalazioni per circa 80.000 orologi scomparsi. E può essere consultato (a pagamento) anche per verificare la provenienza di un segnatempo di secondo polso prima dell’acquisto: basta inserire il numero di serie per scoprire in pochi minuti se questo è stato segnalato.
Nel 2022 circa 6.815 orologi rubati sono stati aggiunti dagli utenti, con un aumento di ben il 60% rispetto al 2021. È un dato che dà da pensare. La crescita delle segnalazioni, però, può essere dovuta a numerosi fattori, non solo a una maggiore diffusione del crimine. Non da ultimo, all’aumento di popolarità di The Watch Register stesso.
Ciononostante, il dato nudo e crudo è stato ripreso da diversi organi di informazione, molti dei quali hanno messo l’accento sul fatto che il brand più rubato sarebbe Rolex, come a mettere in guardia chi volesse acquistarne uno.
Ricordiamo, però, che fra le marche di lusso Rolex è quella che mette sul mercato il maggior numero di orologi all’anno. E se pensiamo che la produzione annua di Patek Philippe, di circa 70.000 orologi, è appena il 7% di quella (stimata) Rolex, comprendiamo bene come gli scippatori “preferiscano” la casa coronata.
Eppure le notizie di furti, sempre più frequenti sui nostri giornali, riguardano spesso orologi molto costosi ed esclusivi. Il valore dell’oggetto fa notizia, certo, ma non fotografa la realtà delle nostre città. Non lasciamoci convincere così facilmente di vivere nella New York di Jena Plissken. Leggiamo con mente critica le notizie che circolano in rete e guardiamoci intorno, invece di vivere immersi nella realtà che ci restituisce il nostro smartphone.