Cosa ci racconta il caso del
Nautilus a 400.000 euro?

A proposito del Nautilus verde, il 6 luglio Thierry Stern dichiarava al Telegraph: “Perfino i miei figli mi chiedono: ‘Posso averne uno?’, ma la risposta è no. Il lato positivo è che fa parte della bellezza e del mito di Patek Philippe”. Un mito che rischia di appannarsi, se non più alimentato dalle persone giuste.

Se è vero che “Cerchiamo di evitare di vendere a persone che acquistano gli orologi solo per rivenderli, ma non è facile da controllare” come afferma il presidente di Patek Philippe nella stessa intervista, è anche vero che neanche il controllo sui concessionari è facile, visto che l’orologio in questione è andato in asta ancora sigillato, così come uscito dalla fabbrica. La tattica di cessare la produzione del Nautilus in acciaio, salvo poi creare un’aspettativa ancora più alta per un analogo modello la cui produzione sarà limitatissima nel tempo, non sembra andare nella direzione dichiarata: tagliare le gambe alla speculazione attorno a questo orologio.

Ciò che dispiace è che inizino ad alzarsi i dubbi sulla Casa nel circolo mondiale di collezionisti e appassionati, la cosiddetta community. Nel settore c’è stato un crescente mormorio sulla vera o falsa identità del venditore, il cui nome è stato accidentalmente scoperto in un fotogramma di un video che mostra l’orologio – e la sua documentazione – durante l’asta. Da Antiquorum naturalmente confermano che si tratta di una persona che ha regolarmente acquistato l’orologio presso un concessionario. Il quale, evidentemente trasgredendo alle direttive della Casa, non ha estratto il Nautilus dalla plastica, né rimosso le pellicole protettive, come sappiamo che ogni negoziante autorizzato è tenuto a fare. L’acquirente del pezzo ha sborsato ben 400.000 euro per accaparrarselo, compreso il buyer’s premium del 25% per la casa d’aste (gli sarebbe convenuto acquistarlo per 320.000 su Chrono24, più 167 euro di spedizione – emoticon che ride). Mentre il venditore ha messo in tasca 320.000 euro, circa dieci volte il prezzo di listino, che in Italia è di 30.860 euro iva inclusa.

Non si parla più di collezionismo, ma di una bolla di follia per un oggetto introvabile, che però sta rendendo antipatica la marca ai più e – ben più grave – sta mettendo in dubbio l’opportunità di continuare a investire sui Patek Philippe. Ecco perché se ne parla ed ecco perché Stern stesso si dice consapevole che tutto ciò fa male alla sua azienda.
Pensava forse di poter gestire meglio la distribuzione della Ref. 5711/1A con quadrante verde? A posteriori, sarebbe stato meglio consegnare lui stesso un numero limitato di esemplari ai grandi collezionisti Patek Philippe nel mondo, non ignoti alla Casa e certamente felici di acquistare un orologio prodotto solo per loro.

Dody Giussani

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