Sono andata al cinema a vedere “Indiana Jones e il quadrante del destino”. Come tutti i bambini degli anni ’80, avevo aspettative altissime e non dubitavo che mi sarei divertita, perlomeno grazie all’effetto nostalgia.
Invece la delusione mi ha colpito come uno schiaffo in pieno viso. I fondamentali del più classico degli Indiana Jones c’erano tutti: la donna, il bambino, i nazisti, il prezioso reperto archeologico a cui tutti danno la caccia, l’elemento fantastico. Mancavano però due ingredienti importanti: il nuovo e l’inatteso. Il risultato è che sono uscita dal cinema sentendomi vecchia e fuori moda.
I rifacimenti di cose passate possono avere questo effetto, perciò si tratta di operazioni rischiose: l’effetto “era meglio l’originale” è sempre dietro l’angolo.
Ci sono poi casi in cui l’ispirazione, la bravura e il gusto di chi propone una riedizione concorrono a creare qualcosa di magico: il passato che si rinnova e torna a farci sognare.
Ho assistito a un caso simile il 27 giugno, quando Omega ha lanciato la collezione celebrativa dei 75 anni dell’Omega Seamaster. Una collezione che, ripercorrendo la storia di un orologio mitico, attualizza ogni modello e gli conferisce un nuovo carattere.
Potrei dire lo stesso di molte riedizioni attuali di orologi entrati nel mito. Per molte, ma non per tutte. Altro “remake” ben riuscito è quello del Reverso Chronograph, proposto quest’anno da Jaeger-LeCoultre, che riporta sull’orologio simbolo della Casa la complicazione studiata appositamente per la sua cassa nel 1996, rinnovando invece di replicare.
Lo stesso vale per il lavoro che ha eseguito Bulgari sull’Octo di Gérald Genta, arrivando a creare un design che, dimentico delle sue origini, è oggi fortemente identificato con la firma romana.
Oppure per il Big Pilot’s Watch di IWC, che ha trasformato uno strumento professionale bellico, quale il B-Uhr degli anni ’40, in un segnatempo moderno ed evoluto dal punto di vista stilistico e funzionale.
Quali altri esempi aggiungereste al mio elenco?